Claudio
Chillemi intervista Paul Di Filippo
1. Oggi è impossibile iniziare a parlare di fantascienza senza parlare della pandemia. La prima domanda, forse banale, è: in che cosa questa realtà supera la fantasia e in che cosa la fantasia può superare la realtà?
L'arrivo del Covid-19 in un'umanità già sofferente è veramente uno scenario da Cigno Nero. Sebbene potesse essere teoricamente prevedibile, specialmente alla luce della Sars e di altre mortali malattie contagiose, le sue esatte dimensioni e portata non erano per nulla ovvie ma, al contrario, complesse ne siamo stati presi alla sprovvista. Anche gli esperti sono stati colti impreparati. Gran parte della fantascienza ha descritto piaghe che portano la civiltà a un arresto critico, con molta devastazione fisica e collasso delle istituzioni. La cosa strana di questa piaga è il suo ‘effetto bomba a neutroni.’ L'infrastruttura rimane intatta, ma la gente scompare! Tutto si conclude più o meno tranquillamente. È, inoltre, una sorta di ‘confortevole catastrofe’, quel termine che Brian Aldiss coniò per indicare i disastri che permettono di avere ancora alcune cose piacevoli. Posso ancora mangiare e bere, al sicuro in casa mia, tutto ciò che mi piace, ma l'acquisizione di questi beni di consumo comporta un certo pericolo, uno sforzo e una seccatura. Internet, inoltre ci permette di continuare a comunicare con gli altri e di divertirci. Come può questo essere un tipico scenario di disastro fantascientifico se sto ancora guardando ‘L’ascesa di Skywalker’ in pigiama? Penso che lo scenario fittizio che più si avvicina alla nostra situazione sia qualcosa scritto da Ballard. O forse la città di Bellona nel ‘Dhalgren’ di Delany. In ogni caso, Philip K. Dick rimane il nostro principale profeta. Stiamo vivendo in ‘I giorni di Perky Pat’. Come spiega Wikipedia: ‘In questa storia, i sopravvissuti di una guerra termonucleare globale vivono rinchiusi in enclavi isolate della California, sopravvivendo con ciò che possono recuperare dai rifiuti e dalle provviste che arrivano da Marte. Le generazioni più anziane trascorrono il loro tempo libero con l'omonima bambola in un gioco di ruolo di evasione che ricorda la vita prima dell'apocalisse - uno stile di vita che viene rapidamente dimenticato.’ A questo siamo arrivati! Devo dire che il mio futuro ‘Ribofunk’, dove le bio-scienze sono predominanti, comincia a sembrare ogni giorno sempre più probabile.
2. Sappiamo
che sei un lettore instancabile, e che recensisci numerosi libri ogni mese.
Quali di questi libri (non ancora pubblicati in Italia) consiglieresti ai tuoi
amici editori italiani?
Al culmine della mia follia recensiva ero arrivato a più di 100 libri all'anno! Ora sono sceso a recensire circa 50-60 titoli. Mi sento poco informato! Tuttavia, potrei puntare ad alcuni nuovi buoni titoli. Paul Mcauley è uno dei pilastri forti della SF statunitense, e la sua ‘The War of the Maps’ è un'emozionante ‘storia d'amore planetaria’. Tim Powers continua ad estrarre la sua vena di "California Fantasy", e la serie dei suoi due libri ‘Alternate Routes’ e ‘Forced Perspectives’ è divertente e inquietante. Ma il pezzo forte del 2020 finora è ‘The Vanished Birds’ di Simon Jimenez, che amalgama Delany con Cordwainer Smith e Le Guin.
3. A proposito della tua attività di scrittore, hai recentemente pubblicato alcuni libri. Antologie di racconti e un romanzo. Puoi parlarne?
Ho scritto tre romanzi polizieschi naturalistici pubblicati in rapida successione, tutti raccontano le imprese di due truffatori imbranati, Glen e Stan. ‘The Big Get-Even’, ‘The Deadly Kiss-Off’ e ’The Mezcal Crack-Up’. Mi sono divertito a scriverli, e penso che offrano un buon amalgama di umorismo e suspense. Affrontare scene e personaggi contemporanei è un bel cambiamento rispetto alle speculazioni sul futuro! La mia collezione di storie più recente, ‘Infinite Fantastika’, è stata pubblicata nel 2018 e contiene un folle assortimento di racconti. Sono molto orgoglioso della mia novella ‘Aeota’ (2019) che descrivo come ‘Philip K. Dick incontra Thomas Pynchon’.
4. Quali sono i tuoi futuri progetti personali in campo editoriale?
In questo momento sto ultimando una particolare collaborazione: una fusione delle menti tra me e il mio io più giovane! Diciassette anni fa ho pubblicato una storia dal titolo "Shipbreaker." Ha sempre richiesto un seguito e quindi sto concludendo la storia, da troppo tempo rimasta in sospeso, "Worldshifter." Ci sono voluti alcuni sforzi per riappropriarmi dello spazio mentale del mio io più giovane, ma mi ha fatto piacere vedere che aveva una discreta quantità di intelligenza e talento! Il mio prossimo progetto è un altro romanzo poliziesco, ambientato nel 1961, quindi non devo considerare nessuna realtà pandemica! Ma sono anche molto entusiasta di un romanzo che dovrebbe apparire nel 2021 da ‘Night Shade’. Intitolato ‘The Summer Thieves’, è il mio tributo alle opere spaziali di Jack Vance.
5. Una
prima domanda sulle tue origini. Vivi a Providence, la città di Lovecraft, qual
è il tuo rapporto con questo famoso concittadino? Ha influenzato in qualche modo la tua attività
di scrittore? O la tua capacità d’immaginazione?
Iniziai a leggere Lovecraft da adolescente, vivevo ancora fuori Proence nella casa dei miei genitori. Visitavo la città in autobus e assaporavo l'atmosfera cupa della Providence degli anni '70, che aveva più in comune con la Providence degli anni '30 rispetto alla Providence di oggi. Ma all'epoca non ero ben informato sui luoghi realmente abitati che apparivano nell’immaginario della vita di HPL. A quel tempo era più difficile reperire informazioni. Quando mi sono trasferito a Providence nel 1976, sono finito ad abitare in una delle strade di HPL! Barnes Street. Lui viveva al numero 10 ed io al numero 52. Da quel momento in poi ho familiarizzato con tutti i punti di riferimento della sua vita e che servirono a rendere la sua finzione più realistica. Ad oggi non ho ambientato racconti nella città, ma la sua presenza quotidiana ha certamente dato un tocco di colore alla mia concezione della vita! Quando i turisti arrivano in città io esigo che la prima tappa sia la tomba di HPL!
6. La seconda domanda sulle tue origini. Rhode Island è uno degli stati con la maggior parte di immigrati di origine italiana, e tu sei uno di loro. Conosciamo le tue amicizie con molti autori italiani e i tuoi viaggi nel nostro Paese. Vorrei chiederti, hai letto e apprezzato scrittori classici italiani che in qualche modo hanno contribuito alla tua formazione culturale? Se si, quali e perché?
Sto per cospargermi la testa di vergogna e cenere! La mia lettura della miriade di bellissimi autori classici italiani è molto scarna, di fatto quasi inesistente. Posso dire con certezza di conoscere bene Italo Calvino e Umberto Eco. Ma in un certo senso sono più cittadini del mondo piuttosto che solo italiani, credo. Se mai avrò un minuto libero, prometto di rimediare a questa mia enorme mancanza! Per favore, non negarmi la possibilità di tornare nel tuo meraviglioso paese a causa dei miei crimini letterari!
7. È la terza volta che collaboriamo insieme, per me è stato un piacere e un onore. Ho imparato molte cose su come scrivere e come raccontare una storia. Come è stata questa esperienza per te?
Molti scrittori hanno detto, "La collaborazione è il doppio del lavoro per la metà dei soldi!" Non penso che questo sia vero. Mi piace sempre condividere l'intelligenza e le abilità dei miei partner. Ogni collaboratore elabora fatti e frasi che una sola persona non avrebbe mai pensato. Il risultato è di solito molto caratteristico e imprevedibile. Tutto questo penso che sia riscontrabile nel nostro racconto, ‘Come Pietre Aguzze e Taglienti’. È in parte siciliano, in parte americano, creando un unico e succulento ibrido! Ma forse quello che mi piace di più è la personalità esuberante e chiassosa, mai-dire-mai di Claudio Chillemi!
8. Inizialmente
ho proposto una storia di Ucronia e Stempunk, ma mi hai detto che volevi una
nuova sfida. Quale pensi sia il genere di fantascienza che meglio si adatta a
questo momento storico?
Non sono una persona che crede che "fuga" sia una brutta parola. Molti tipi di finzione sono deliberatamente e splendidamente progettati per portare il lettore lontano verso strane dimensioni dove le pene quotidiane del 2020 sono dimenticate. Lo steampunk può farlo in larga misura, e anche l’ucronia, anche se forse in misura minore. Per esempio, leggere lo steampunk di James Blaylock ti fa dimenticare il presente, così come le storie alternative dell'Impero Romano di Alan Smale. Ma una delle virtù chiave dello stile fantascientifico di Heinlein è stata il coinvolgimento con il presente, estrapolazioni da quella base per tracciare il futuro. Questo è il tipo di SF più difficile da scrivere (accanto alla Hard SF) e quindi viene trascurata. Ma ho pensato che sia arrivato per noi il momento di affrontare una storia del genere.
9. Ultima domanda. Quando vieni in Sicilia a mangiare un arancino con noi?
Sicuramente questa piaga del 21esimo secolo ha annullato tutti i nostri progetti. Niente mi renderebbe più felice che tornare immediatamente in Sicilia e stare con così tanti miei buoni amici. Ma ora, al di là dei soliti problemi legati al tempo e al denaro, dobbiamo preoccuparci di questioni di salute e di decreti governativi. Ma ricordate solamente questo: due anni dopo la pandemia del 1918, il pianeta entrava negli Anni Ruggenti del 1920. Jazz, gin, ragazze emancipate, night club, vita mondana! Forse tra un anno o due da ora, potremo iniziare a goderci degli anni felici che saranno ricordati come i Ruggenti Venti - Venti!
Carlo Recagno
di Claudio Chillemi
Durante l’ultima Sticcon
abbiamo incontrato uno dei suoi assidui frequentatori. Si Tratta di Carlo Recagno, uno degli autori di uno
dei più famosi e apprezzati fumetti italiani, Martin Mystère (da questo momento MM). Svoltasi in appendice di una
delle tante esibizioni tenutesi sul palco del Centro Congressi di Bellaria,
l’intervista che segue traccia un ritratto a tutto tondo del simpatico
fumettista italiano e del mondo del fumetto fantastico di casa Bonelli.
D. Quali sono i tuoi rapporti con la
fantascienza in generale?
R: Beh, i miei rapporti con la
fantascienza non sono molto diversi da quelli che ho con altra letteratura di
genere. Non ho una conoscenza approfondita e non sono un esperto di
fantascienza, tradizionale o moderna. Credo di avere la "cultura
televisiva" tipica di tutti gli esponenti della mia generazione; come
tutti coloro che sono stati bambini negli anni settanta, sono cresciuto
guardando UFO e SPAZIO 1999, per poi passare nell'adolescenza a BATTLESTAR
GALACTICA (quello originale, ovvio) e alla serie classica di STAR TREK, che
negli anni del liceo seguivo con passione e fedeltà.
D. Parlando di Star Trek, quanto Star Trek c’è nel tuo lavoro di
fumettista?
R. C'è spesso qualcosa a
livello di citazione. Per esempio, in un albo speciale di qualche anno fa (NdA:
"Martin Mystère: Generazioni", del 2002), ho voluto fare
"interpretare" dei personaggi ad alcuni membri del Ponte di Comando
dello Stic (un “direttorio” democraticamente eletto che cura tutti gli aspetti
dello Star Trek Italian Club, NdR). A volte mi diverto anche semplicemente a
nascondere il numero di serie dell'Enterprise (NCC-1701) nella targa di una
automobile che compare in una vignetta. Insomma, cerco di inserire qualcosa di
Star Trek dove posso.
D. Ti piacerebbe scrivere un fumetto di Star Trek?
R. Ho in effetti in cantiere un
progetto del genere, con la collaborazione di Giacomo Peroni (disegnatore di
"Jonathan Steele") alle matite e di Luca Vergerio alle chine.
Vorremmo farlo uscire per la sezione editoriale dello Stic, anche se non
sappiamo ancora quando sarà pronto. In ogni caso, si tratta di una vera e
propria storia "da fan", che unisce personaggi di tutte e sei le
serie di Star Trek (già, ho detto sei: infatti
D. Parlando di MM, come hai iniziato a scrivere MM?
R. E' stato il mio primo lavoro
da professionista. Nell'estate del 1989 Alfredo Castelli (creatore e autore di
Martin Mystere, NdR) era alla ricerca di nuovi autori per una nuova serie
allora in preparazione, "Zona X" (collana Bonelli dedicata a storie
del mistero interrotta qualche anno or sono al numero 45, NdR), e io, molto
spavaldamente, volli propormi. Andai a visitare Alfredo in redazione, e lui mi
ricevette subito, malgrado non avessi preso alcun appuntamento (che ci volete
fare; ero giovane, inesperto e anche un po' sprovveduto!). Castelli mi disse
subito che purtroppo, in quel momento, non c’erano più spazi per sceneggiatori
nella nuova serie (ero arrivato tardi);
c’erano però opportunità per scrivere nientemeno che Martin Mystère. Circa due
settimane dopo mi feci di nuovo vivo (stavolta previo appuntamento), con un
soggetto; lui lo accettò, e mi disse di sceneggiarlo. Naturalmente venni
pervaso dal panico! Fino ad allora avevo realizzato soltanto piccole cose a
livello locale, e d'improvviso mi ritrovavo a lavorare per la Sergio Bonelli
Editore! Era come arrivare subito in serie A dalla C2...
D. Ora cosa stai preparando?
R. Da giugno 2005 Martin
Mystère è diventato bimestrale, aumentando però le pagine da
D. Ti piacciano le ucronie e lo steampunk?
R. Le storie alternative e le
linee temporali divergenti sono una mia passione; purtroppo non sono una
passione di Alfredo Castelli, altrimenti avrei già da tempo scritto una storia
raccontando "cosa sarebbe successo" se Martin Mystère non avesse mai
ricevuto la sua arma a raggi atlantidea, per esempio. Mi piaceva molto la
vecchia collana "What if", in cui gli eventi chiave del mondo Marvel
venivano rivisitati e stravolti. Per quanto riguarda lo "steampunk",
invece, non mi aveva mai interessato particolarmente finchè non ho letto
"La lega degli Straordinari Gentlemen" di Alan Moore (che mi
intrigava in partenza perchè appartiene anche a un'altra categoria, che invece
amo da sempre, quella dei pastiche letterari), e allora ho cambiato idea almeno
un po'. Tra parentesi, prima di Moore, Castelli aveva lanciato
sull'"Almanacco del Mistero" le avventure del
"Docteur Mystère", l'antenato di Martin; era una specie di
"serie parallela" non troppo seria e appunto con connotazioni anche
steampunk. E' durata soltanto cinque episodi, ma mi sarebbe piaciuto che fosse
continuata.
D. Le tue storie sono incredibilmente puntuali in fatto di riferimenti
storici e geografici, come ti documenti?
R. Oggi prima di tutto tramite
Internet. Prima che ci fosse la rete mondiale mi documentavo andando in
biblioteca, o ricorrendo ai miei libri.
Una delle regole d'oro per un
narratore è: "scrivi di argomenti che conosci", e io, per quanto mi
era possibile, ho sempre cercato di scrivere di argomenti che mi stavano a cuore
e per i quali avevo già materiale in abbondanza. Da quando esiste Internet,
però, è tutto molto più facile, soprattutto per la raccolta di materiale
iconografico. Il fatto che anche quasi tutti i disegnatori, oggi, siano dotati
di un computer e di un collegamento in rete, rende poi il lavoro ulteriormente
più facile (o quantomeno più rapido): mi basta inviare al disegnatore un link
dicendogli: qui trovi le immagini del luogo in cui è ambientata la sequenza,
qui c'è un ritratto del personaggio storico che compare alla vignetta 3 di
tavola 56, e via dicendo.
D. Ti piace viaggiare, visto che MM è un viaggiatore?
R. No, sono estremamente
sedentario.
D. Ma allora come entri in un personaggio così avventuroso come MM?
R. Basta viaggiare con
l'immaginazione...e poi ci sono precedenti illustri, come per esempio Salgari;
anche lui non aveva mai viaggiato, eppure ha scritto meravigliose avventure.
D. Ti piacerebbe scrivere su qualche altro personaggio della Bonelli?
R. Sono anni che scrivo
soltanto Martin Mystère (e relativi spin-off) e tutto sommato mi trovo bene
così. MM è uno di quei personaggi che seguivo prima di tutto da semplice
lettore, e quindi ho questa soddisfazione personale di essere arrivato a
idearne io le avventure (vale la stessa cosa, per esempio, con Moreno Burattini
e Zagor). Certo, provare a fare qualcosa di diverso, ogni tanto, sarebbe come
prendersi una vacanza...
D. Fuori Bonelli, che fumetti leggi?
R. Leggo varie cose, dai
cartonati "alla francese" (mi piacciono molto Termite Bianca e Sky-doll)
ai supereroi.
Da ragazzo leggevo praticamente
tutto; ora purtroppo non più (causa
anche la mancanza di tempo), ma continuo ad essere prima di tutto un fan e a
guardarmi attorno.
Per esempio, mi sono trovato ad
apprezzare la nuova versione dei Vendicatori (supergruppo della Marvel, ndr.)
scritta da Brian Bendis.
Inoltre seguo con regolarità
quello che fanno i miei autori preferiti, come Peter David o Alan Moore.
Sono anche un fan di Neil
Gaiman (l’apprezzato autore della saga a fumetti di Sandman e del pluripremiato
romanzo SF American Gods, NdR.); ho letteralmente divorato "1602", la
miniserie che ha fatto per la Marvel con la sua versione dei supereroi
trasposta nell'Inghilterra elisabettiana, e attendo con impazienza la sua
versione degli Eterni di Jack Kirby (nuova miniserie della Marvel, disegnata da
John Romita jr., di cui nel frattempo è uscito il primo numero. NdA)
D. Parliamo di autori italiani. Cosa ne pensi di Hugo Pratt e di Magnus?
R. Mi rammarica un po' dire che
Pratt non è mai stato nelle mie corde, anche se ho un ricordo molto vivo della
"Ballata Di Un Mare Salato (il capolavoro che ha introdotto Corto Maltese,
NdR.) quando è stata pubblicata per la prima volta sul "Corriere dei
Piccoli" (e questa dichiarazione, ahimè, purtroppo mi data). Magnus,
invece, è sempre stato uno dei miei preferiti, se non il mio preferito in
assoluto, sin dai tempi di Alan Ford. Lui è un altro di quegli autori di cui ho
apprezzato tutto, o quasi tutto: Lo Sconosciuto, La Compagnia della Forca
(miniserie a fumetti disegnate e scritte dal grande fumettista, NdR.) e
soprattutto lo straordinario "I Briganti" (opera SF estremamente
originale, rimasta purtroppo incompiuta, NdR.) di cui amavo molto il miscuglio
tra elementi Fantasy e tecnologici.
D. Che differenza trovi tra le Convention dei fan dedicate al fumetto e
quelle dedicate alla Fantascienza?
R. Beh, le Convention del
fumetto le vedo ormai più con l’occhio dell"addetto ai lavori", visto
che da anni le frequento per tenere incontri col pubblico e promuovere Martin
Mystère (fermo restando il divertimento di curiosare per gli stand; quello c'è
sempre). Le Convention di fantascienza e di Star Trek, invece, le vivo
totalmente da fan; anzi, diciamola tutta: da vero e proprio nerd, felice e contento di indossare l'uniforme
per qualche giorno.
Ho conosciuto lo Stic nel 1991
e da allora non sono mai mancato a una Sticcon; è come una famiglia con cui
ogni anno mi ritrovo molto volentieri. E, anche al di fuori delle
convention, la "famiglia" si
tiene sempre in contatto nel resto dell'anno attraverso la Mailing List.
D. Un’ultima domanda, di quale mistero ti piacerebbe scrivere?
R. Mi piacerebbe scoprire come
mai i treni arrivano sempre in ritardo!
Ma temo che resterà un enigma per sempre...
David
Gerrold in Italy
Intervista di Claudio Chillemi
Partiamo subito con una domanda su Star Trek così poi
non ci pensiamo più. Hai conosciuto Star Trek e la fantascienza televisiva
molto giovane, per te è stato più un peso o una spinta nella tua carriera?
Star
Trek ha debuttato sulla NBC alle 8:30 PM nella notte di Giovedì 8 Settembre
1966. Il primo episodio è stato "Trappola umana". L’ho visto, sono
rimasto molto colpito, e mi sono subito seduto a scrivere una storia da
sottoporre alla serie. Già lunedì 12 settembre mi rivolsi a Gene L. Coon (che
era uno dei curatori della serie) che rimase molto colpito dalla storia e mi
invitò a una riunione dello staff. Mi dissero che per la prima stagione tutte
le storie erano già state scritte, ma che sarebbero stati felici di prendere in
considerazione il mio plot per la seconda stagione. Ed è così che è nato
"Animaletti pericolosi".
Come descriveresti il tuo rapporto con Gene
Roddenberry e gli altri scrittori della serie originale?
La
prima persona che ho incontrato negli uffici di Star Trek è stato Gene L. Coon.
Mi ha trattato con genuino calore e amicizia, così con un grande rispetto. Lo
ammiravo enormemente Non ho incontrato Gene
Roddenberry fino a dopo che “Animaletti pericolosi” era stato
effettivamente girato. Era stato in vacanza, ma ho fatto l’incontro quando è
tornato e mi ha detto che pensava che la sceneggiatura era molto ben fatta. Ho
incontrato Dorothy Fontana (D.C. Fontana, ndr.) sul set, e lei mi ha insegnato
molto sugli standard professionali e il formato degli script (sceneggiature,
ndr.). Credo di aver imparato di più da Dorothy che da chiunque altro, a causa
del suo impegno per la serie che la vedeva coinvolta praticamente in ogni
episodio.
Come valuti l'evoluzione di Star Trek dopo la morte di
Roddenberry? La Paramount e i produttori che si sono succeduti alla guida del
marchio hanno fatto un buon lavoro?
La serie originale era di esplorazione. Si trattava di
curiosità e scoperta. Trattava della questione essenziale di tutta la
fantascienza: "Che cosa significa essere un essere umano?" Gli episodi
migliori di Star Trek sono sempre stati in merito a tale questione, hanno
sempre dato da pensare allo spettatore. Alcuni degli spettacoli e film di Star
Trek, da allora, hanno concentrato la loro attenzione sull’esplorazione e la
natura dell’universo. Viviamo, infatti, in un tempo notevole. Abbiamo inviato
gli uomini sulla luna e hanno riportato scoperte mozzafiato che hanno cambiato
la nostra conoscenza di come il nostro sistema solare è stato formato. Abbiamo
inviato robot per esplorare la superficie di Marte e hanno inviato fotografie
sorprendenti e altre scoperte che dimostrano che una volta l’ acqua era lì e
forse anche la vita. Abbiamo inviato sonde fuori oltre i bordi del nostro
sistema solare. Noi abbiamo foto incredibili di tutti gli altri pianeti e le
lune. Per la prima volta nella storia umana, abbiamo una idea reale del nostro
posto nell'universo fisico. Abbiamo inventato tecnologie incredibili e
abbiamo fatto scoperte sorprendenti. Io dico che la vera avventura della
scienza è molto più maestosa per me di qualsiasi cosa che chiunque può scrivere
in una fantasia o anche in un romanzo di fantascienza. Per questo credo che i
migliori episodi di Star Trek sono quelli che portano quell’ avventura nella
vita reale.
Secondo te, in quale forma espressiva la fantascienza
ha più potenzialità? La Tv, la letteratura, il cinema, il fumetto o, magari, i
più moderni videogiochi? E Perché?
Mentre
i film possono creare un mondo visuale, un libro si può prendere tutto il tempo
di spiegare la scienza che sta dietro il pensiero dell'immaginario. Per quanto
io ami un grande film di fantascienza, e ce ne sono stati molti da ammirare, io
continuo a pensare che un ottimo libro di fantascienza può dare qualcosa alla
tua immaginazione che nessun film può.
Parliamo dei tuoi libri. Che tipo di scrittore di Sf
ritieni di essere? Legato più ad una letteratura ottimista e progressista,
oppure hai una visione pessimista del futuro?
Ho
una visione molto ottimistica del futuro. Si consideri la lunga storia del
genere umano. Siamo sopravvissuti a tutti i tipi di cataclismi e
malattie, anche quando pensavamo di non avere nessuna chance. Ora che abbiamo
una migliore comprensione della fisica e della biologia e dell'evoluzione,
siamo in grado di costruire gli strumenti per sopravvivere a qualunque
“disastro” la natura ci riservi e, probabilmente, anche alle conseguenze dei
nostri stupidi errori.
Il tasso di progresso scientifico sta accelerando. Computer e Internet hanno
reso possibile di far circolare le informazioni velocemente, in modo che gli
scienziati, ricercatori e ingegneri possano tenere il passo con i nuovi
sviluppi in tempo reale. Abbiamo anche gli strumenti per riconoscere e
prevedere le tendenze e fare previsioni prima che diventino una “crisi”. Tutto
questo mi fa pensare che siamo nel processo di costruzione di un mondo molto
più efficiente per noi stessi. La vera domanda è: c’é spazio in questo mondo
per altri scopi?
Gli Chtorr sono una razza assolutamente originale,
come originale è la loro invasione del nostro pianeta. Come hai avuto l'idea
per questo ciclo di romanzi? Che ruolo ha per te, nel futuro della terra, la
questione ecologica?
Per
me, tutto è una questione ecologica. Infatti, la mia storia - "Animaletti
pericolosi" - è una storia ecologica. Ogni cosa è collegata. Non possiamo
mai pensare di vivere indipendentemente da qualsiasi cosa intorno a noi. Non lo
facciamo. Abbiamo bisogno di aria per respirare, acqua da bere, da mangiare,
vestiario, alloggio, e le altre persone. Tutte queste cose esistono nella
nostra vita solo perché vi è un sistema di supporto ben organizzato. Questo
sistema di supporto trae energia dal pianeta che ci circonda. Abbiamo bisogno
di acqua per crescere il nostro cibo. Abbiamo bisogno di luce del sole per far
crescere il nostro cibo. Abbiamo bisogno di energia per elaborare il cibo e
distribuirlo e conservarlo. Tutto quello che facciamo richiede energia. Questa
energia deve venire da qualche parte. Allo stesso modo, tutto ciò che facciamo
ha una conseguenza. Ogni quantità di rifiuti che produciamo deve andare da
qualche parte, ha un effetto sull'ambiente da cui dipendiamo. Non possiamo far
finta che non siamo parte del sistema.
Quando ho avuto l'idea per "The War Against The Chtorr" è stato il
riconoscimento che non è semplicemente invadere un pianeta con macchine
gigantesche morte raggi ardenti, lo si deve colonizzare. Tu porti le tue mucche
e pecore e capre e cani e gatti e grano e mais e fragole e le api e tutti gli
altri pezzi del tuo sistema di supporto ecologico. Ho cominciato a disegnare
un'ecologia aliena che era piena di interrelazioni complesse come la nostra, e
poi ho dovuto estrapolare qualche centinaio di milioni di anni di evoluzione
all'interno di quella dell'ecologia. Quello che si vede nei libri è solo la
punta di quell'incubo.
The Martian Child è un romanzo decisamente
autobiografico. Cosa ti ha spinto a voler raccontare sotto forma di Sf un
avvenimento così importante della tua vita?
Beh,
questo è davvero ironico. Quando ho deciso di adottare il mio bambino,
l'assistente sociale mi ha chiesto se avevo intenzione di scrivere un libro
sull’adozione. Ho detto di no, volevo solo essere un buon padre. Pochi mesi
dopo mio figlio venne a vivere con me, però, nel frattempo, avevo avuto un'idea
per una storia su quanto lo amavo. "Il bambino marziano" è niente di
più che una lettera d'amore per mio figlio. La battuta finale è che sì,
potrebbe essere un marziano, ma è il mio marziano e lo amo tantissimo. Quindi
no, non avevo intenzione di scrivere un libro ma l'ho fatto comunque. Sì, è
autobiografico. Ma la verità è che tutte le storie che ogni scrittore mette su
carta sono l’esemplificazione di come lui vede l’universo. E le storie migliori
sono quelle in cui la passione dello scrittore mostra se stesso. "Il
bambino marziano" è la storia più appassionata che abbia mai scritto,
perché è tutto su una delle parti più importanti della mia vita. Credo che lo
scrittore deve essere disposto a mettere la sua anima nuda in mostra se vuole
essere al suo meglio. Non ci sono premi per la sua abilità se lui si “nasconde
nell'armadio”.
Di recente sei stato in Italia, cosa ammiri di più
della cultura di questo paese? Quale luogo italiano ti ha colpito di più? Che
cosa ti ha lasciato dentro questo lungo viaggio?
So
che a molti americani piace chiamare l’Inghilterra "la madre patria."
Ma io non credo che sia giusto. Tutte le civiltà occidentali hanno un debito
enorme con l'Italia, perché siamo in grado di rintracciare il meglio della
cultura occidentale (e alcuni dei peggiori difetti), seguendo tutta la strada a
ritroso fino all'antica Roma. Così, quando ho visitato l'Italia (e questo non
era il mio primo viaggio) è stato come immergermi nelle radici della cultura
occidentale. E l'arte, i dipinti, le sculture, l’architettura, le chiese, anche
il modo in cui sono organizzate le varie città, tutto questo è come fare un
tuffo in profondità tra gli elementi costitutivi più romantici del nostro mondo
di oggi. Ma l'America è ancora una nazione molto immatura. Viaggiando in
Europa, posso vedere delle civiltà che esistono da secoli, luoghi che hanno un
patrimonio che risale a millenni or sono. Per essere franchi, è come avere 200
anni di ragnatele nella mia testa e quindi non trovo lo spazio per vedere 2000
anni di storia. Ma la parte davvero divertente è incontrare così tante brave
persone, e scoprire non solo tutte le nostre piccole differenze, ma le
somiglianze, che magari sono anche più grandi, non importa da dove tutti noi
proveniamo. La cosa più divertente che ho vissuto nel vostro paese era di
uscire a cena ogni sera con i miei nuovi amici e ascoltare le storie che
avrebbero raccontato. Il punto più alto di tutto il viaggio è stato quanto ho
imparato ascoltando.
Ti abbiamo visto scattare parecchie fotografie, cos'é
per te la fotografia?
Mio
padre era un fotografo professionista, è stato uno dei migliori fotografi
professionisti di Los Angeles. Come risultato, ci sono scatole e scatole di
fotografie che ci ha lasciato. Tutti questi ricordi ci hanno dato un punto di
vista privilegiato sulla nostra vita. Non avere foto è come non avere un
passato. Quindi penso che avere una documentazione fotografica è uno dei doni
più importanti che posso dare a me stesso. Ho scattato 7000 foto durante il mio
viaggio in Italia, Parigi e Londra. Io uso quelle immagini come screensaver sul
mio computer, e ogni giorno mi viene in mente un posto dove sono stato o
qualcosa del genere che ho visto o qualcuno
che è diventato
un
nuovo amico. E 'un modo per tenere in vita il mio passato e parte di quello che
sono.
Quali sono i tuoi progetti letterari per il futuro?
Ho
solo un progetto principale per il futuro e che è quello di finire "la
guerra contro gli Chtorr." Ho appena venduto un racconto, una storia di
fantasy e fantascienza intitolata "Night Train To Paris", che si basa
su una delle mie avventure in Europa. E ho chiamato un personaggio della storia
col tuo nome, Claudio.
Breve bibliografia ragionata di David Gerrold,
relativamente a ciò che è apparso in Italia.
Ciclo La guerra contro gli Chtorr
1.
1983 - La guerra contro gli Chtorr (A Matter
for Men), Altri Mondi (Arnoldo Mondadori
Editore 1990); Urania n. 1194 (Mondadori 1992)
2.
1984 - Il
ritorno degli Chtorr (A Day for Damnation), Altri
Mondi (Mondadori 1992); Urania n. 1218 (Mondadori 1993)
3.
1987 - Il giorno della vendetta (A Rage for
Revenge), Altri Mondi (Mondadori 1992);
Urania nn. 1244-1245 (Mondadori 1994)
4.
1991 - L'anno
del massacro (A Season for Slaughter), Altri Mondi
(Mondadori 1993) Urania Argento n. 7 (Mondadori 1995)
Nel
2004, Gerrold ha annunciato i titoli dei restanti tre capitoli della saga:
5.
Un
metodo per la follia -
(A Method For Madness)
6.
Un'epoca
di inganno - (A Time for Treason)
7.
Una
questione di coraggio -
(A Case for Courage)
Nel
2008 il quinto libro è stato completato con una data di pubblicazione stimata
per il luglio 2011. Gli ultimi capitoli del settimo sono già stati scritti.
Ciclo Ascensore per la Luna
1.
2000 - Ascensore
per la Luna (Jumping Off the Planet), Urania n. 1439 (Arnoldo Mondadori
Editore 2002)
2.
2001 - Prima
fermata: Luna (Bouncing Off the Moon), Urania n. 1459 (Arnoldo Mondadori
Editore 2003)
3.
2002 - Leaping to
the Stars
Ciclo Star Wolf
1.
1972 - L'ombra
dell'astronave (Yesterday's Children, o Star
Hunt), Urania n. 907
(Arnoldo Mondadori Editore 1981)
2.
1991 - Il viaggio dello "Star Wolf" (The
Voyage of the Star Wolf), Urania n. 1182 (Arnoldo Mondadori
Editore 1992)
3.
1995 - Le
ultime ore di Shaleen (The Middle of Nowhere), Urania n. 1310 (Arnoldo Mondadori
Editore 1997)
4.
2004 - Blood and
Fire
Altri romanzi
- 1971 - Pianeta
stregato (The Flying Sorcerers) - con Larry Niven), Urania n.
1339 (Arnoldo Mondadori Editore 1998)
- 1972 - Ricerca
nel Cosmo (The Space Skimmer), Cosmo Argento n. 46
(Editrice Nord 1975)
- 1972 - La macchina di D.I.O. (When Harlie Was One),
Sigma n. 2 (Moizzi 1975)
- 1973 - Battle for the Planet of
the Apes - novellizzazione del film Anno 2670 ultimo
atto
- 1978 - Superbestia (Deathbeast), Urania n.
813 (Arnoldo Mondadori Editore 1979)
- 1980 - Vortice
galattico (The Galactic Whirlpool), Star
Trek n. 15 (Garden Editoriale 1989); Economica Tascabile n. 123 Fanucci
Racconti
- Triboli
coi Tribli (Troubles with Tribbles, 1968),
raccolto in Star Trek: la pista delle stelle n. 3,
Mondadori, 1978
- Pomeriggio
con un autobus morto (Afternoon with a Dead
Bus, 1971), raccolto in Protostars, Fantapocket n. 11,
Longanesi, 1977
- I signori
della nuvola (The Could Minders, 1972), raccolto
in Star Trek: la pista delle stelle n. 6, Mondadori, 1978
- Inferno (Hell Hole, 1979), raccolto in Rivista di Isaac
Asimov. Avventure Spaziali e Fantasy n. 4, Siad, 1980
- Rex (Rex, 1993), raccolto in Dinosauri a Manhattan, Bompiani 1993
- Il bambino
marziano (The Martian Child, 1994), raccolto
in Grandi Opere Nord n. 33, Editrice Nord, 1999
Star Trek: L’etica Medica
di
Claudio Chillemi
Sarebbe giusto osservare che Star Trek se non fosse un serial di fantascienza, potrebbe benissimo essere scambiato per uno dei tanti telefilm “di corsia” presenti nelle nostre TV. Tante e tali, infatti, sono le implicazioni mediche che appaiono nelle storie. I dottori, poi, che hanno contraddistinto tutte le serie, sono personaggi di grande spessore e rilievo, tanto da essere considerati, non a torto, tra quelli più accattivanti. Chi non ricorda Leonard “Bones” McCoy? O Beverly “sono innamorata del capitano” Crusher? E ancora Julian “mi piace l’avventura” Bashir? Per finire con l’incredibile MOE, il medico olografico di emergenza della Voyager? Quattro tipi straordinari, ognuno dei quali ha avuto a che fare con più di un caso di coscienza.
Leonard McCoy, per sua
stessa ammissione, è “un semplice medico di campagna” che viaggia, però, su un’
astronave a velocità di curvatura. Sembrerebbe un non senso, eppure è questo
quello che genera l’incredibile alchimia del personaggio; il quale, pur di
fronte ad alieni, malattie impossibili, morti apparenti, applica ad ogni cosa
il buon senso che gli deriva dall’essere, appunto, un “semplice medico di campagna”,
scoprendo, miracolosamente, che questo approccio risulta quasi sempre vincente.
Il suo rispetto per la vita
travalica il semplice mondo biologico, per diventare qualcosa di più profondo,
che coinvolge l’essere fin dentro la sua personalità: “Nella nostra Galassia ci
sono con ogni probabilità tre milioni di pianeti simili alla Terra, e
nell’Universo ci sono tre milioni di milioni di Galassie simili alla nostra;
eppure ogni essere umano è unico! Capitano, non uccida quello di nome Kirk”
(TOS: La Navicella Invisibile, ndr.).
Innanzi alla semplice equazione che vediamo
in “Viaggio a Babel”, dove Spock è l’unico che può salvare suo padre Sarek
dalla morte, anche a costo della propria vita; McCoy poco si cura di rischiare
la vita di entrambi per salvare l’anziano ambasciatore vulcaniano. E lo fa, si
badi bene, non per una malcelata forma di pietismo, ma perché sa che
l’eventuale morte di Sarek per causa della “rigidezza mentale” di Spock,
causerebbe a quest’ultimo un rimorso di coscienza senza pari. I meccanismi
interni del complesso rapporto paziente-medico-parenti sono a lui ben
conosciuti, alla stregua di un qualunque medico di famiglia, e questa
conoscenza diventa un punto di forza nella sua professione di medico di bordo
dell’Enterprise.
Quando poi è lui ad essere
paziente, nello straordinario episodio “Ho Toccato il Cielo”, in cui si scopre
soffrire di una malattia incurabile, McCoy applica anche a se stesso i
protocolli di “buon senso” che lo contraddistinguono per tutta la serie.
“Affronterò meglio la malattia se nessuno lo viene a sapere e potrò continuare
il mio lavoro”, dice all’incredulo capitano Kirk. E quando gli si presenta
l’opportunità di vivere i suoi ultimi giorni insieme ad una splendida donna che
ha appena conosciuto ma di cui si è innamorato, anche qui non si tira indietro:
abbandona tutto, la nave, gli amici e il lavoro, pur di stare insieme con lei.
Dopotutto, l’uomo è più importante della sua malattia, della sua stessa vita.
Nella seconda emanazione del
mondo creato da G. Roddenbberry, troviamo a bordo dell’Enterprise una donna
facente funzioni di medico di bordo. Beverly Crusher con un passato tragico, la
morte del marito sotto il comando di Picard suo nuovo capitano (innamorato di
lei, aggiungiamo, ndr.), e con un figlio sopra le spalle. La Crusher ha una personalità
forte ma discreta; non è un medico di campagna: è emancipata; non odia la
tecnologia come Bones (il quale ha paura anche del teletrasporto! Ndr.), ma
anzi ne fa un largo e circostanziato uso. Ma , sicuramente, il filo conduttore
di tutti i medici a bordo di Star Trek, non la ignora e, per continuare con la
similitudine, la imbriglia ben bene.
Nell’episodio “Questione di
etica” (Star Trek TNG, ndr.), si trova appunto ad affrontare una delicatissima
questione morale: è giusto rischiare la vita di un paziente che non è in
pericolo di vita, per permettergli di camminare dato che è rimasto paralizzato?
Fino a che punto può rischiare la medicina? Fino a che punto si debbono protrarre
le cure? E’ giusto sperimentare su un paziente una cura o una procedura chirurgica
se il paziente non corre nessun pericolo di morire? I temi sono forti, e la
risposta che ne danno gli sceneggiatori (in questo caso il grande Ronald D.
Moore del recentissimo Galactica, ndr.) è intrigante. Per il Klingon Worf la
paralisi è una condizione appena più su della morte e, nella sua razza,
presuppone un suicidio rituale in quanto l’essere infermo non permetterebbe di
compiere il proprio dovere di guerriero. Ecco perché Worf sceglie di sottoporsi
ad una rischiosissima e mai testata procedura chirurgica proposta da una
collega della dottoressa Crusher; quindi la sua etica di paziente è salva.
L’etica della dottoressa che interviene, però, viene fortemente criticata dalla
Crusher e censurata nel suo comportamento ai limiti della legalità medica. La
condanna che ne deriva è netta: la sperimentazione di una medicina o di un
protocollo medico non può essere fatta a scapito dei pazienti.
Passando a Deep Space Nine troviamo il
medico più giovane tra tutti quelli apparsi in Star Trek: Julian Bashir.
Riguardo la questione etica, Bashir si trova nell’incredibile condizione di essere
egli stesso una questione etica. Infatti, egli è il frutto della manipolazione
genetica, severamente vietata dalla leggi della Federazione. Quello che gli autori
di Star Trek si chiedono è semplice: fino a che punto si può spingere la
manipolazione genetica? Fino a che punto si può intervenire sui geni di un
bambino o su un essere adulto? E’ giusto creare una razza di uomini superiori o
comunque diversi, solo grazie alla manipolazione genetica?
Il tema è affrontato in DS9
in ben 3 episodi (Il Dottor Bashir, suppongo; Probabilità Statistiche;
Crisalide, ndr.). Qui si evidenzia l’estrema condanna che la Federazione dei
pianeti fa della manipolazione genetica (addirittura il padre di Bashir finisce
in prigione! Ndr.); ma, nello stesso tempo, si evidenzia come coloro che sono
stati sottoposti a tale manipolazione vengano costantemente seguiti e, nel
caso, curati, dalle strutture mediche federali. Bashir che, a suo modo,
rappresenta un caso unico di potenziato genetico non recluso e/o estromesso dai
suoi compiti nella società, funge da tramite tra il mondo dei geneticamente
modificati e quello dei normodotati. Una funzione che il buon dottore percorre
fino in fondo, conscio della delicatezza del compito, sempre in bilico tra la
condanna (che la sua coscienza di medico gli detta, ndr.) per la manipolazione
genetica e il suo essere (fino in fondo e senza compromessi, ndr.) un uomo
geneticamente modificato. Quel che risulta è una tensione narrativa di straordinaria
valenza, che cattura lo spettatore fino alla catarsi.
Sempre Bashir, in uno degli
episodi più belli della terza stagione: La Scelta di Bashir, affronta un altro
dei più importanti problemi etico/medici di Star Trek. Salvare un essere umano
può costare allo stesso la perdita della sua identità di uomo? Julian può salvare
un paziente dalla morte, ma per farlo deve cancellare per sempre la sua
memoria, le sue emozioni, la sua personalità. Messo di fronte a questa scelta
decide di farlo morire. Non si può salvare il corpo di un uomo ma perdere la
sua vita; non si può salvare la vita di un uomo e perdere la sua essenza, vale
a dire tutto ciò che lo rende unico, diverso dagli altri. Bashir compie questa
scelta senza tentennamenti, interpretando il “non farai del male” del
giuramento di Ippocrate nel senso più ampio e vero: quello di salvaguardare lo
spirito dell’uomo anche a scapito della sua sopravvivenza fisica.
E’ singolare come gli autori di Star
Trek abbiano deciso di far prendere decisioni etiche di tale portata al più
giovane dei medici trekker. Bashir, infatti, proseguendo nella sua crescita
come uomo e come medico, passa anche per decisioni che coinvolgono, in tempo di
guerra, la scottante questione di come e quando utilizzare armi di distruzione
di massa. Negli ultimi episodi della 7^ stagione, si scopre, infatti, che la
Flotta Stellare (la sezione 31, in verità, ma con il bene placido della flotta,
ndr.) ha volutamente infettato con una malattia incurabile Odo (il mutaforma,
ndr.) per distruggere tutta la sua razza. E’ plausibile servirsi di un
genocidio per vincere una guerra? Bashir lotterà con tutte le sue forze per
salvare Odo, confermando in modo ineluttabile che anche la guerra ha i suoi
limiti etici, e che il genocidio non rientra tra questi. “Inter arma enim
silent leges”, durante la guerra le leggi tacciono, diceva Cicerone. Una massima
che la Flotta Stellare applica pedissequamente pur di sconfiggere il Dominio,
ma a cui Bashir (come tutto l’equipaggio di DS9, ndr.) si oppongono con tutta
la forza della loro etica e della loro moralità.
In “Una Difficile Cura”,
nella settima stagione di Voyager, troviamo l’MOE, il medico olografico di
emergenza, innanzi ad un quesito etico che le sue subroutine (come le chiama
lui, ndr.) non hanno difficoltà a risolvere in un nanosecondo. In una società
dove il servizio sanitario nazionale è distribuito in base al reddito e
all’importanza sociale dei pazienti (più sei ricco e importante più ti curo,
più sei povero e socialmente irrilevante, meno ti curo), l’MOE si ribella e
decide di dispensare le sue conoscenze mediche anche ai più deboli. Episodio
che fin troppo palesemente mette alla berlina il sistema sanitario nazionale
degli Stati Uniti, dove, appunto, rischi di morire se non hai una buona
assicurazione; dove, al pronto soccorso, sei destinano in una o in un’altra
corsia in base alla tua dichiarazione dei redditi. Tema forte e controverso
nella società americana, su cui molti presidenti e candidati presidenti, hanno
perso o vinto elezioni. Gli autori di Star Trek, comunque, ne danno una
soluzione senza appello: tutti, ma proprio tutti, hanno il diritto di essere
curati. Pensavate forse ad una soluzione differente?
Star Trek nell’Immaginario Collettivo della TV Generalista Americana
(Ovvero
quanto Star Trek c’è nelle sitcom made in USA)
Di
Claudio Chillemi
Star Trek non manca mai di stupire per tutta una serie di incredibili record che ha anellato nella storia della televisione, non solo americana. E’ uno dei programmi più longevi di sempre; probabilmente è quello da cui sono stati tratti più spin off; è quello che ha avuto più premi; che conta più fan sparsi per il mondo…Ma, con ogni probabilità, nessuno si è mai chiesto, quanto Star Trek c’è nel resto della televisione statunitense, vale a dire in quelle trasmissioni che non sono Star Trek. Allora, spinti dalla curiosità, ce lo siamo chiesti noi e la risposta è stata incredibile.
Per
affinità iniziamo dalla serie TV Frasier
( trasmessa dal 1993 al 2004). L’unica affinità palese deriva dal fatto che
è stata prodotta dalla stessa Viacom
che produceva Star Trek; per il resto, sullo schermo televisivo niente è più
lontano della storia di uno psichiatra radiofonico che vive a Seattle
(interpretato da K.Grammer che tra
l’altro ha preso parte alla puntata di TNG
“Circolo Chiuso) da un gruppo di uomini che viaggiano su navi stellari;
eppure, nulla è più vicino a Star Trek di Frasier. Perché? E’ difficile da
spiegare così su due piedi, diciamo che in Frasier vi sono tutta una serie di
citazioni trekker che è faticoso ignorare. Ma questo non basterebbe, vi sono
poi numerosissimi attori di Star Trek che partecipano a diverse puntate di
Frasier, attori importanti da Patrik Stewart a René
Auberjonois; da Brent Spiner a Robert Picardo. Infine, un personaggio
ricorrente di Frasier, Noel Chomsky (l’attore P.Kerr), è un trekker. Ma,
andiamo con ordine è iniziamo dalla citazioni. Star Trek appare per la prima volta in Frasier nel 13° episodio
della prima stagione, quando il nostro trekker afferma: “Sarei disposto a dare
l’autografo del capitano Kirk pur di uscire con una ragazza!”. Ancora il
personaggio di N.Chomsky qualche puntata più avanti dice: “Il capitano Kirk è impazzito ed ha ripreso il
controllo della nave”, riferendosi al fatto che Frasier, malato e delirante per
la febbre, non vuole lasciare la sua poltrona di speaker e psicologo
radiofonico per paura di perdere il posto di lavoro. In questo pulsare di
riferimenti trekker non manca anche una citazione sbagliata (nel 6° episodio
della 3° stagione): “I bisogni di molti contano più di quelli di pochi, come
dice il capitano Kirk (noi, in
realtà sappiamo che è stato Spock, ndr.) della navicella (diciamo astronave,
ndr.) Enterprise”. Come non mancano i riferimenti alla pazzia dei fan, quando
Chomsky fa firmare a tutti i suoi colleghi di lavoro una petizione rivolta agli
autori di Star Trek (Barman e Braga forse? Ndr.) in cui chiede l’introduzione
di un personaggio chiamato Rosniak (da Roz, la donna di cui lui è innamorato,
una delle protagoniste della sitcom interpretata da P.Gilpin, ndr.) che
dovrebbe avere nientepoponimenochè “4mammelle4”. La pazzia di Noel è tale che,
come si dice sempre nella 6° stagione, il tribunale gli ha imposto “di non
avvicinarsi a più di
“Sto ancora lavorando al mio dizionario klingoon/inglese”.
“Ah, davvero? E come si dice arrivederci in klingoon?”, chiede
Frasier impaziente di buttarlo fuori.
“Dipende, se ti riferisci a un superiore…”, prende tempo Noel.
“Noel!”, lo redarguisce Frasier.
“Krish Krash!”, risponde il nostro dandosi alla fuga.
Per tutta la puntata Frasier lo congederà con il classico (?) arrivederci klingon di cui sopra. Ma il klingon appare in un'altra esilarante puntata della 10° stagione. Invero, la puntata più trekker dell’intera serie. Raccontiamola. Frasier deve partecipare ad una cerimonia ebraica che sancisce per suo figlio Frederick (di madre ebrea) l’ingresso all’età adulta. Il nostro psichiatra, allora, chiede a Noel, anch’egli ebreo, di preparare un discorso in lingua semita da leggere durante la cerimonia, visto che lui non la conosce. Noel accetta, ma chiede a Frasier di procuragli l’autografo di Scott Bakula. Frasier, per tutta una serie di motivi, non riesce ad ottenere il prezioso autografo del capitano Archer. Noel, allora, per vendicarsi, scrive il discorso anziché in ebraico in klingoon. Immaginate la sorpresa del rabbino quando sente Frasier gracchiare in lingua klingoon, ed immaginate la sorpresa di Noel, quando Frasier per farsi perdonare di non aver avuto l’autografo di Bakula gli fa pervenire un prop (oggetto di scena originale, ndr.) davvero straordinario: la parrucca indossata da J.Collins in “Uccidere per Amore”… Tante e divertenti sono le citazioni trekker in Frasier, ma elencarle tutte è davvero difficile. Più semplice, anche se comunque lungo è articolato, è parlare dei cammei e delle performance di attori già protagonisti in Star Trek, che appaiono in questa sitcom. Iniziamo con Virginia Madsen, l’attrice già apparsa in TNG e in VOY, ha in Frasier la parte di una bellissima donna in carriera, Cassandra, che fa perdere la testa al nostro psichiatra per ben 3 puntate (o, nella finzione scenica, per qualche mese…Ndr.). Cammeo microscopico (appena due battute) è quello di Nana Visitor che interpreta una femme fatale durante una festa snob del fratello di Frasier. Niels (l’attore D.H.Pearce, ndr.). Più consistente è la parte di Renè Auberjonois che interpreta il professor Tewksbury in 3 puntate della sitcom. Il nostro “Odo” da di sé un’immagine di grande caratterista, dando vita ad un personaggio simpaticissimo. Mentore di Frasier, insegnante universitario di psicologia, Tewksbury è il classico uomo di mezza età che divorzia e si prende una sbandata per una donna più giovane, Roz (di cui abbiamo già detto, stralunata e belloccia, interpretata da una bella P.Gilpin, ndr.). Altro cammeo, ma non di un attore di Star Trek, ma di un fan di grande fama, Bill Gates il quale, invitato a partecipare alla 200esima puntata di Frasier, saluta Noel con il più classico dei gesti vulcaniani. Nell’11° episodio della 9° stagione, appare invece Robert Picardo, che da vita al proprietario di una società che fornisce sistemi di sicurezza e che ha con Frasier un piccolo scontro perché i due padri (quello dello psichiatra e quello del nostro “dottore”, ndr.) sono in forte competizione tra loro. Nell’10° stagione troviamo Bret Spiner, che risolve una vicenda piuttosto complicata che interessa l’ex moglie di Frasier, Lilith. Spiner non pronuncia più di quattro, cinque battute ma il suo accattivante sorriso e i suoi occhi spiritati, sono di grande efficacia, come sempre. Dulcis in fundo, Patrick Stewart. L’attore sfodera una prestazione eccellente nei panni di un direttore d’orchestra gay che si innamora di Frasier. Ma, andiamo con ordine. Il nostro psichiatra è appassionato di lirica, pur di non perdere l’occasione di partecipare alle prove di una messa in scena “eccezionale” cede alle avance del nostro Stewart. Ne segue tutta una serie di gag e doppi sensi esilaranti che sfociano nella pubblica confessione di Frasier che ammette di “non essere gay” e di aver approfittato biecamente dell’omosessualità del direttore d’orchestra per soddisfare la sua passione di melomane. Episodio degnissimo, interpretato benissimo dal nostro Picard che non manca occasione per dimostrare quanto sia bravo e quanto poliedrico. Sono tanti altri gli attori che Star Trek e Frasier hanno in comune, farne un arido elenco non ha proprio senso, ha più criterio incitare tutti i trekker ad andare a scoprire Frasier che, come al solito, è stato bistrattato dalla televisione nostrana, e riscoperto dal satellite. Continuando nel nostro percorso passiamo a Dharma e Greg, esilarante sit com con la brava e bellissima J.Elfman, che narra le vicende di un ricco avvocato che sposa la figlia di una vecchia coppia di Hippy. In effetti, la serie non dedica molto spazio a Star Trek (qualche divisa in feste in maschera e piccoli accenni all’Enterprise), ma tra tutti ricordiamo l’esilarante omaggio che gli autori fanno alla creazione di Roddemberry, che è forse la migliore citazione tra tutte quelle proposte in questo articolo. L’antefatto è semplice: Dharma ha un amica, Jenny, e vicina di casa molto particolare, che esercita sugli uomini una profonda attrazione sessuale. Un giorno Jenny si presenta a casa di Dharma dicendo:
“Senti, puoi
tenermi il gatto? Devo andare ad una Convention di Star Trek?”
“Oh,
davvero? Sei una trekker?”
“No, ma
adoro gli uomini vergini di 40 anni!”.
In effetti, Jenny, tornerà con un uomo “vulcanico” (nel doppiaggio, il nostro “vulcan”, diventa vulcanico e non vulcaniano, ndr.) dalla Convention, con tanto di orecchie a punta. Passiamo a That 70’s Show, straordinaria sit com ambientata negli incredibili anni 70, con il bravissimo Ashton Kutcher. I ragazzi che vivono a Point Place, una piccola cittadina della provincia americana, hanno due miti: Star Wars e Star Trek. Il primo, invero, più del secondo, ma in molti episodi i protagonisti si travestono da personaggi di Star Trek TOS per impersonare in sogno come sarà il loro futuro. Davvero interessante questo accostamento tra Star Trek e il futuro. Il domani è visto con l’occhio dei costumisti della serie classica e le belle protagoniste dello show sono vestite con le vertiginose e sensuali minigonne mozzafiato che indossava la nostra Uhura. Per i ragazzi il futuro è un futuro di belle donne in divise dove la libertà di costumi (così idealizzata e invocata negli anni Settanta che la serie racconta…) è diventata realtà. Certo, esilaranti sono tutte le scene in cui questo strano gruppo di teen ager mettono i panni di ufficiali della flotta stellare e danno vita a strambe vicende di vita quotidiana dove i loro tic e le loro frenesie prendono la forma improbabili episodi di ambientazione Trek…Come molto divertenti sono quelli che prendono la forma di incredibili film di Star Wars, ma questa è tutta un’altra storia. Passiamo ai giorni nostri e a Perfetti Ma Non troppo. Questa Sit Com narra le vicende di uno svitato gruppo di colleghi che lavorano in una grande emittente televisiva. La protagonista è Sara Rue che interpreta il personaggio di Claude, visionaria e sognatrice, ingenua provinciale che si trasferisce a New York per trovare lavoro. Claude, in uno dei primi episodi della serie, introduce subito Star Trek. Sognando, infatti, una vacanza dal lavoro immagina di andare in Crociera sull’Enterprise, finché una voce non la sveglia al grido di: “Scendi dal Ponte, sporca Romulana!”. Claude ha quindi Star Trek nella mente e nel cuore e lo utilizza quotidianamente come quando sparge la notizia che ad una riunione di Condominio sarà presente Leonard Nimoy per far partecipare i condomini e raggiungere il numero legale; oppure quando lo utilizza come test per sapere se un ragazzo, vestito da Kirk, incontrato ad una festa in maschera per Halloween, sia quello giusto per lei:
“Questa è la divisa del Primo Ufficiale di Star Trek?”
gli chiede sorniona.
“No, è quella del capitano!”, risponde il ragazzo tra lo
stupito e l’offeso.
“Meno male, controllavo se eri un vero trekker!” risponde
Claude tirando un sospiro di sollievo.
Ma in Perfetti Ma Non Troppo un altro personaggio è fan di Star Trek, anche se più volte cerca di
mistificarlo. Ramona, interpretata da Sherri Shepherd. Ramona, donna di colore, è la migliore amica di Claude ed ha una vera
passione per la nostra Uhura. In una festa in maschera, infatti, mette i panni
del nostro bel tenente addetto alle comunicazioni e cerca di attirare
l’attenzione di tutti i maschi presenti, anche se il suo più caro amico la
scambia per “Spock
dalla pelle nera”! Irritata dalla presa per i
fondelli a cui è sottoposta per essere una trekker, qualche puntata più tardi
si lascerà sfuggire una abiura piuttosto imbarazzante: “Una
volta per tutte a me non piace Star Trek, vorrei che non l’avessero mai
prodotto!”. In
realtà, però, non è proprio così. Leggete il colloquio tra Ramona è un suo
pretendente avvenuto qualche minuto dopo lo sfogo di cui sopra:
“E così sono tornato”
“Un poco come quando il
signor Spock tornò su vulcano”
“Ci sono delle analogie,
si. Sei un appassionata di Star Trek?
“E me lo chiedi? Volevo
dire, affermativo, signore!”
“Non credo che a te
piace Star Trek, dici così solo per conquistarmi”
“E’ vero, non so neanche
di cosa parla”
“Potrei insegnarti tante
cose”
“In merito alle
astronavi”
“Non vedo l’ora!”.
E’ la volta di Will e Grace, divertentissima Sit Com interpretata da Debra Missing ed Eric McCormack. Durante le sette stagioni trasmesse in Italia non sono molte, ma divertenti e importantissime, le citazioni di Star Trek. La prima vede protagonista Grace che interagisce con un “pezzo” della storia Trek, Joan Collins (inutile dirvi in che episodio della TOS appare la futura protagonista di Dinasty…). La Collins interpreta una grande arredatrice newyorkese, un po’ vezzosa e un po’ “bastarda ubriacona”, che manda nel pallone la simpatica Grace (anche lei arredatrice), la quale le si rivolge goffamente con la frase “Sembro uno degli sfigati che incontrano il capitano Kirk ad una delle convention di Star Trek”. Qualche puntata più tardi è Will che dice a Grace (mostrando il segno vulcaniano) per sottoscrivere un suo ragionamento “Molto logico signor Spock!”. Ed è sempre Will che, coinvolto in una partita di calcetto, sport che lui sconosce del tutto, al capitano della squadra che gli si presenta con “Io sono Kirk, il capitano” risponde tra il serio e il faceto: “Il capitano Kirk? Con chi combattiamo per prima con i Klingon o i Romulani?”. Ma è soprattutto nell’ultima stagione, esattamente nel 18 episodio, dove si tocca l’apice del citazionismo trekker, non solo in Will e Grace, ma in tutte le sitcom fino ad ora analizzate. Appare in questa puntata, infatti, George Takei, ma non nelle vesti di un personaggio ma in quelle di se stesso, poco tempo dopo il suo atto di outing in cui rivelava di essere gay. La puntata si snoda proprio intorno a questa rivelazione e al profondo significato che i valori della tolleranza hanno in Star Trek. Will dice molto chiaramente di non essere un trekker (“E’ da sfigati!!” commenta) ma di essere un “suluiano”, per l’incredibile coraggio avuto da Takei nel rivelare la sua vera sessualità. Raccontare la puntata in tutte le sue sfumature trekker è praticamente impossibili (“le languide occhiate di Sulu al capitano Kirk”, per farvi un esempio), ma proveremo a sintetizzare le parti più significative. Ad esempio una Action Figure di Sulu prodotta dopo la sua rivelazione di essere gay che tirando una leva dice : “Teletrasportami Scotty che voglio fare shopping” o “Su questo pianeta c’è aria respirabile e…Un negozio di Gucci!”. L’incontro vero e proprio con Takei alterna battute sul mondo omosessuale (“Signor Takei come mai non ha detto a quel tale attore vestito di una tunica senza spallina: regola i tuoi faser?” e Takei: “Glielo ho detto e lui ha riso così tanto che gli si è rotta la cintura!”) a profonde considerazioni su Star Trek, dice Will: “La serie si basava su tolleranza e accettazione, senza guardare al colore, alla specie o all’acconciatura. Spock nascondeva le sue orecchie, Uhura la sua femminilità o Sulu la sua? (magari lui si, ma erano altri tempi) Nessuno, però, su quella plancia di comando ha mai tradito la sua vera natura!”, risponde Takei sorpreso: “Era questo il senso della serie? Allora sono contento di averla fatta”. Pochissime citazioni trekker, ma serie imperdibile per tutti i fan è Boston Legal andata in onda tra il 2004 e il 2008. S tratta di un altissimo concentrato di personaggi, caratteri e attori tratti da Star Trek. Iniziando dal protagonista, un sorprendente William Shatner che sfodera, puntata dopo puntata, performance da attore consumato così importanti da valergli anche due Emmy e un Golden Globe. In cosa consiste la bravura di Shatner e in cosa assomiglia il suo personaggio a Star Trek? La bravura è relativa alla sua immensa capacità di interpretare “uno stronzo rincoglionito affetto dal morbo della mucca pazza”; mentre la somiglianza all’universo trekker si può mettere tranquillamente in relazione al fatto che il personaggio di Danny Crane, impersonato dal nostro Bill, è ciò che somiglia (o potrebbe somigliare) di più a James Kirk se James Kirk fosse invecchiato fino alla soglie dei 75 anni. Danny Crane è stato in gioventù il miglior avvocato di Boston (Kirk il miglior capitano di Astronave); si è portato a letto le più belle donne della città (è necessario sottolineare il parallelismo con Kirk?); si è circondato di amici fidati (non sembra la plancia dell’Enterprise?); è diventato famoso per la sua spavalderia, il suo coraggio e il suo insano amore per le armi e per la guerra (qui i punti di contatto con Kirk sono talmente tanti che in confronto la mappatura del genoma umano è una cosa da pischelli). Ora Danny Crane è vecchio, perde la memoria, si lascia andare ad atteggiamenti irrazionali e ridicoli, e per citare il nostro Spock “è sopravvissuto alla sua utilità”. Vedere il faccione enorme di Shatner che, come sottolinea un glaciale J.Ryan in una puntata dello Show, sta per esplodere e ricordare che lui è Kirk, maledettamente Kirk, anche quando non lo sembra; lascia uno strano sapore in bocca, un misto tra malinconia, ironia e sana rottura di… nella consapevolezza che tutto prima o poi finisce anche se ci sentiamo baldi “giovani” alla ricerca dell’isola che non c’è. Boston Legal è ricco di partecipazioni trekker oltre a Bill Shatner troviamo il nostro René “Odo” Auberjonois che è personaggio fisso nelle prime tre stagioni. Poi il giudice Armin “Quark” Shimerman, che appare in diverse puntate. Ma anche il signor avvocato dongiovanni Scott “Archer” Bakula, Ethan “Neelix” Phillips, ed altri camei di caratteristi che hanno arricchito le puntate di Star Trek. Per quanto concerne vere e proprie citazioni ne amiamo ricordare solo due. La prima ci racconta di Danny Crane e del suo amico fidato Alan Shore che vanno a pesca di salmoni; ma i salmoni, appunto, sono minacciati dalle “pulci del mare” chiamate, come ci informa Alan “i klingon dei mari”, Shatner lo guarda citare Star Trek con la faccia rinco… insomma, diciamo, rimbambita di Danny Crane e commenta con un sonoro ruggito intestinale che lascia poco all’immaginazione. La seconda citazione vede Danny Crane, dopo molti anni passati ai margini della vita legale, ritornare alla difesa e vincere un processo; innanzi alle telecamere che lo riprendono trionfante all’uscita da un’aula di tribunale, Shatner commenta la sua vittoria con un malinconico “il capitano Kirk è tornato al comando dell’Enterprise”. Seinfeld. Per chi non la conosce è una delle sit-com più belle e divertenti della TV americana. Dove nulla, ma proprio nulla, viene preso sul serio. Nella prima puntata dell’ottava stagione il protagonista, Jerry, consola la famiglia della fidanzata di un suo amico morta prematuramente, usando le parole con cui Kirk e McCoy commentano la morte di Spock in Star Trek l’Ira di Khan, e quindi, poco dopo aggiunge: “Spock muore, lo avvolgono in un lenzuolo e lo sparano dall’astronave dentro un grosso astuccio per occhiali”. Ma in Seinfeld le citazioni non finiscono qua, Jerry Seinfeld dice all’inizio di una puntata: “Il mio ideale di stanza di soggiorno sarebbe la plancia della nave spaziale Enterprise, sapete cosa voglio dire: poltrona, schermo gigante, telecomando, ecco perché Star Trek per me rappresenta la massima fantasia dell’uomo, andarsene in giro per lo spazio nel proprio soggiorno guardando la Tv! Per questo gli alieni vanno sempre a trovarlo, perché Kirk è il solo ad avere lo schermo gigante ci andranno anche venerdì sera, c’è l’incontro contro i klingon e non possono mancare!”, o in un'altra puntata: “Perché gli uomini preferiscono Star trek? Oh bella, perché il capitano Kirk ha proprio tutto: una bella macchina da pilotare, stupende donne in minigonna attorno a lui ed uno schermo gigante con telecomando, quale uomo desidererebbe avere di più?”. Concludiamo, almeno per ora; anche se sono molte le altre Sit Com che andrebbero analizzate da 3rd Rock From Sun dove il nostro Shatner interpreta la parte di un alieno; a Becker (“Gli ho regalato un lifiting, una liposuzione, una depilazione completa, è stata investita da più raggi laser lei che l’Eterprise”) a Friends, a Tutti Amano Raymond, a…The King of Queens, dove si assiste ad un dialogo mozzafiato in cui la protagonista della serie (una simpaticissima Leah Remini) cerca di convincere un amico di suo marito a sedurre il suo capo, una anziana e affascinante donna, citando Star Trek:
“Il tuo personaggio preferito di Star trek?”
“Il cavaliere di Ghotos”
“Ghotos? Ma tu assomigli più al capitano Kirk, che anche se una donna assomiglia a un pesce, se la porta dietro ad una roccia e fa il suo dovere!”. Intendo?
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